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![]() Sito aggiornato il 18.10.2025 |
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Parrocchie di Isola della Scala e Pellegrina
XXIX Domenica del Tempo Ordinario
La forza della nostra vita, della nostra fede
e della nostra missione viene dalla
preghiera. Con le mani alzate in preghiera,
Mosè ha saputo intercedere la forza di Dio
nella lotta di Israele per vincere contro il
nemico. Con la sua insistenza la vedova del
Vangelo ha saputo ottenere giustizia. Ed è
in una preghiera piena di fiducioso
abbandono che anche noi possiamo
attingere la forza di Dio per vivere la nostra
vocazione.
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Sul limite La terza lettera pastorale del Vescovo Pompili Un misterioso avversario: il maestro nascosto
Al guado del fiume Iabbok, nella notte più
buia della sua vita, Giacobbe rimane solo. Ha
fatto attraversare la famiglia, i servi, gli armenti.
È il momento della verità, quello in cui
non puoi più nasconderti dietro nessuna scusa,
nessun inganno, nessuna protezione. Ed è
proprio allora che «un uomo lottò con lui fino
allo spuntare dell’aurora» (Gen 32,25). Chi è
questo avversario emerso dal buio? La Scrittura
mantiene il mistero. Potrebbe essere tutto
ciò che Giacobbe ha cercato di fuggire per
vent’anni: il rimorso, la paura, il volto del
fratello tradito. O forse è qualcosa di più grande:
la vita stessa che viene a chiedergli il conto,
il destino che lo raggiunge, un angelo, Dio
che si fa lotta.
Riconosciamo in questo avversario misterioso tutte quelle “situazioni-limite” che prima o poi bussano alla porta di ogni vita. Quando la malattia irrompe e cambia tutti i piani. Quando una crisi aziendale spazza via certezze costruite in anni di lavoro. Quando un lutto squarcia il tessuto degli affetti. Quando una relazione importante si spezza e ci si ritrova a dover reimparare a vivere in solitudine. L’avversario ha qualcosa di enigmatico: non viene per distruggere ma nemmeno per consolare. Viene per trasformare. È il maestro più esigente che potessimo incontrare, quello che non accetta le nostre maschere, che ci costringe a guardare in faccia chi siamo veramente. La lotta dura tutta la notte. Non c’è una vittoria né si dà sconfitta. Nessuna soluzione facile. C’è il tempo lungo della resistenza, dell’attraversamento, della trasformazione che avviene goccia a goccia, come l’acqua che scava la pietra. Il nome nuovo: quando l’identità si trasfigura. C’è qualcosa di profondamente paradossale nel fatto che Giacobbe riceve un nome nuovo proprio quando sta per tornare a casa. Dopo anni di fuga, di inganni, di vita altrove, nel momento in cui deve affrontare il fratello che ha tradito, si ritrova nella notte più buia a lottare con un essere misterioso. È una lotta corpo a corpo, senza esclusione di colpi, fino all’alba. E quando tutto sembra finito, quando Giacobbe ha il fianco slogato e non può più fuggire, ecco che il suo avversario gli dona un nome nuovo: «Israele perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto» (Gen 32, 29). Come se per ritrovare la strada di casa dovesse prima lottare fino allo sfinimento con il mistero stesso della vita. |
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